“Ma che bel bambino!”

“Ma che bello questo bambino!”

SI, questa è miA figliA, otto mesi di sorrisi e argento vivo. È una bambina a cui piacciono le persone, soprattutto i cuccioli d’uomo e spesso ci troviamo a chiacchierare con i vicini di tavolo al ristorante, altri genitori al parco o qualche signora in coda alla cassa del supermercato che lei ha “chiamato” con i suoi gridolini di interazione.

Eppure è più frequente di quanto credessi possibile che le persone si rivolgano a lei parlando al maschile. “Ah, una femmina! Si, adesso che me lo fa notare si vedono i lineamenti, ma sa, non vedevo niente di rosa…”

Perchè spesso non veste di rosa. 

Ovviamente lei è troppo piccola per decidere cosa indossare la mattina, ma per lei vorrei di più. Mi piacerebbe che non fosse costretta in uno stereotipo rosa o azzurro, che potesse scegliere se preferisce le bambole o i trenini, la danza o le arti marziali. Che da grande potesse scegliere se fare la maestra o l’ingegnere. Avete mai provato a chiedere ad una bambina cosa vorrebbe fare da grande? Difficilmente sogna un lavoro con una connotazione maschile. Viceversa, lo stesso vale per un bambino, probabilmente non risponderà l’insegnate di scuola dell’infanzia. 

Eppure i bambini dovrebbero avere il diritto di scegliere che giochi fare, senza escludere a priori buona parte delle possibilità perchè sono “da maschi”. E allo stesso modo un giovane adulto dovrebbe potersi sentire libero di scegliere la propria professione, seguendo le proprie passioni e senza la pressione sociale dello stereotipo di genere (“Un ostetrico? Stai scherzando?”).

Sembra solo un volo filosofico, ma le ricadute sul piano pratico sono tutt’altro che astratte! Sono davvero poche in Italia le donne iscritte a facoltà di indirizzo scientifico. Non di certo perchè il loro cervello non sia in grado di sostenere un percorso di studi che usa numeri e formule! Ma perché cresciamo con l’idea che “i maschi sono bravi in matematica e le femmine in italiano” e siccome lo pensano tutti allora sarà vero. Al primo ostacolo una bambina si convincerà di sbagliare quelle operazioni che la maestra ha assegnato perchè “in matematica non sono capace”, non perchè c’è bisogno di più allenamento…e questo è un grande peccato. Chissà cosa sarebbe successo se avessero convinto Marie Curie che la chimica e la fisica erano solo “cose da maschi”…

Quindi bambina mia, perdonami se per ora continueranno a scambiarti per un maschietto, ma preferisco che tu cresca libera!

Mi aspettavo…e invece….

“Quando nascerà il mio bambino dormirà sicuramente nella sua cameretta fin da subito.”

“Dopo che sarà nata non userò il ciuccio, tassativo.”

Ragionamenti ad alta voce, silenziosi nella testa o condivisi con il papà del bambino che sta per nascere, quante volte è capitato! Ci si interroga e si prendono decisioni in anticipo, per facilitarsi la vita quando il piccolo sarà arrivato. Se sappiamo come comportarci in alcune situazioni, riduciamo la fatica quando ci troveremo ad affrontarle nella pratica.

Ma non sempre le cose vanno come le avevamo pianificate e magari ci rendiamo conto che il bambino dorme meglio se sente la presenza della mamma accanto, e la culla già posizionata nella sua cameretta viene rapidamente spostata accanto al lettone. 

Oppure, dopo aver provato a calmare in ogni modo conosciuto la nuova arrivata, ci rendiamo conto che con pochi minuti di succhietto il pianto si placa e lei si addormenta tranquilla.

Prendere decisioni prima della nascita è una buona idea! Ma è difficile sapere in anticipo quello che accadrà prima che si sia verificato. Potremmo quindi avere la necessità di rivedere i nostri principi, costruiti nei mesi (o negli anni) precedenti e agire diversamente da come avevamo deciso.

L’importante è non sentirsi sconfitti se ci accorgiamo di aver bisogno di tornare sui nostri passi: attraverso l’esperienza ci siamo accorti che esiste una soluzione che funziona meglio di quella che avevamo preventivato e sarebbe un peccato non correggere il tiro. Anzi! Riconosciamoci il coraggio di ammettere a noi stessi e davanti agli altri che avevamo fatto i conti senza l’ost…ops, il bambino!

MAI SENTITO PARLARE DI L.O.V.E.?

Se parliamo di bambini, in modo particolare dei nostri figli, certo che siamo abituati a parlare di LOVE!

Ma quello che vi vorrei raccontare io è un po’ diverso da quello a cui siamo abituati…

Probabilmente vi sarà capitato di osservare un bambino mentre gioca con gli incastri: prenderà in mano il quadrato (forse perché è rosso, il suo colore preferito!) e cercherà di infilarlo nella scatola per sentire il rumore del pezzo che cade: “Ehi, ma qui non entra! Questo buco a forma di stellina era così bello, eppure il quadrato non ci entra proprio…aspetta, fammi riprovare…no, niente da fare. Uffa, neanche se lo giro così? No, non va!” A questo punto probabilmente il nostro bambino inizierà a provare ad infilarlo nel buco accanto alla stellina, poi quello ancora accanto, fino a che…centro! Il quadrato ha trovato il suo posto!

Ed ecco qui, L.O.V.E.:

Learn through

Observation

Validate through

Experience

Ovvero Impara Osservando, Convalida Provando.

L’arrivo di un nuovo bambino in famiglia mette spesso noi genitori di fronte a situazioni che prima non avevamo mai conosciuto, costringendoci a riadattare le strategie che fino a quel momento eravamo soliti utilizzare per affrontare e risolvere le difficoltà. Ci accorgeremo presto, infatti, che per quanto possiamo esserci preparati in anticipo, le cose non saranno esattamente come ce le eravamo raffigurate… L’obiettivo però rimane quello di consentire ai nostri figli di sviluppare al massimo il proprio potenziale, cercando di tenere lontani i sensi di colpa per non essere “wonder parents“!

Ed ecco che l’approccio L.O.V.E. ci viene in aiuto, aiutandoci a costruire i nostri strumenti, che sono unici come la nostra famiglia, per passare attraverso le nuove sfide dell’essere genitori sentendoci più competenti. Si tratta di cominciare ad imparare a muoverci dentro questo nuovo ruolo proprio come i bambini imparano a muoversi nel mondo (vi ricordate come il nostro bambino di prima ha imparato dove infilare l’incastro giusto?). Che poi, a ben pensarci, è proprio lo stesso sistema che usano gli scienziati in laboratorio…

Nella pratica, come fare?

Osserviamo il nostro bambino;

Formuliamo alcune ipotesi sul perché si comporta proprio in quel modo e proviamo a mettere in atto delle strategie che ci sembrano adeguate per modificare la situazione.

Osserviamo ciò che accade: il nostro intervento ha funzionato? Bene! Obiettivo raggiunto! Non ha funzionato? Poco male, testiamo un’altra ipotesi e riproviamo!

La conseguenza dell’utilizzare questo approccio sarà sentirci più efficaci come genitori, più soddisfatti con noi stessi e nel rapporto con i nostri bambini.

L’approccio L.O.V.E. rappresenta i mattoni del progetto BabyBrains, approvato dall’Università di Cambridge, un modo per raccontare ai genitori tutto quello che dovrebbero sapere su come funziona il cervello dei loro bambini!